Il paradigma che ha per decenni connaturato le esigenze formative di un individuo, e di chi quell’individuo si trovasse a formarlo, si è basato sulla prospettiva di un cambiamento delle cose per le quali ci si trovasse a formarsi stabile ma lento, e sulla consapevolezza che l’ingresso nel mercato lavorativo avrebbe osservato qualsivoglia professionista capace di farsi strada nel vasto mondo attraverso competenze grossomodo equivalenti nel corso della sua carriera.
Poter andare in pensione con le skills delle quali si era armati appena usciti dal consesso universitario non vuol dire che, fino a qualche tempo fa, non sia avvenuto un costante cambiamento e che la grande macchina del progresso, tecnico, scientifico, culturale, non abbia incessantemente investito con la sua azione e con le sue reciproche influenze interne ogni ambito dello scibile e dell’azione dell’uomo. L’influenza che però deriva da un cambiamento si misura in maniera proporzionale alla velocità con la quale esso procede, ed è evidente come il mutare delle cose abbia vissuto un’accelerazione compulsiva, specialmente nell’ultimo quindicennio, portando tutte le principali rappresentazioni grafiche di diversi ambiti di riferimento dell’attività umana (e non) a descrivere una curva dalla crescita esponenziale, improvvisamente verticalmente impennata verso la parte alta del grafico. E’ evidente come ciò stia rendendo gradualmente obsoleta la concezione della formazione come finora concepita, espandendone la presenza in un percorso che accompagna linearmente l’individuo nel corso di tutta la sua esistenza.
Se cambia il mondo, con i suoi costrutti culturali e sociali, i suoi elementi tecnici, se si richiedono competenze sempre più affinate e talora mirate, e se nel giro di qualche anno ciò che si era precedentemente appreso è divenuto inadeguato al nuovo spirito dei tempi, vi è un esplicito bisogno di ridefinirsi, al fine di restare allineati alle esigenze di un tempo nuovo. Dovendosi raffrontare con la spesso difficile capacità di prevedere dove si stia direzionando un mondo trasfigurato talora fin nel profondo dalle nuove tecnologie (e dalle interazioni fra di esse), avere una mente flessibile e proattiva, e curiosa di scoprire ed affinarsi, non deve essere soltanto il dovere di un buon cittadino operoso ed interessato, ma un diritto di quest’ultimo.
Mutuando le parole dell’editorialista statunitense Thomas L. Friedman nel suo interessante saggio “Grazie per essere arrivato tardi: un ottimista nell’epoca delle accelerazioni” (edito nel 2017), dinanzi ad una velocità del cambiamento inevitabilmente superiore alla capacità di adattamento dell’uomo, è su quest’ultima che il genere umano deve mirare ad una implementazione, e la formazione continua – quella che è nota in ambito accademico con l’evocativa espressione di lifelong learning – pare uno degli strumenti per raggiungere tale obiettivo. Se a ciò si somma il fatto che il mondo tutto, ed in primis le economie avanzate, si vada sempre maggiormente configurando in quella che è stata sovente definita come Knowledge Society, a sua volta inclusiva del concetto di economia della conoscenza, il focus si trasla inevitabilmente sulla capacità di apprendere e generare valore dalla conoscenza posseduta. In questo mondo, nell’epoca che si costruisce giorno dopo giorno, il centro di tutto è e sarà sempre di più l’intangibile e la capacità di gestirlo e ricavarne il meglio.
L’idea insita nel concetto di lifelong learning è quella di un apprendimento necessario e costante durante l’intero arco esistenziale di un individuo, e che quindi vada oltre la mera necessità di aggiornarsi periodicamente, focalizzandosi sull’atto di non smettere mai di imparare; la correlazione fra formazione continua e crescita personale pare quindi evidente, tanto più se si considera l’apporto positivo che possa dare un individuo costantemente alla ricerca d’una miglioria umana e professionale alla società – intesa nel suo complesso – nella quale si trovi ad operare, a tutti i livelli potenzialmente intesi. Un tale tipo di formazione, costante e permanente, coinvolge attivamente tutti i membri del consorzio umano, sia che essi siano discenti, sia che essi siano docenti, sottolineando la profonda interscambiabilità fra i due ruoli, in un mondo in cui la conoscenza diventi capillarmente diffusa e costantemente in cambiamento. Imparare ad insegnare alla luce del cambiamento e mutare il proprio modus operandi non soltanto dal punto di vista contenutistico ma anche dal punto di vista metodologico è sicuramente una sfida ardua, per la quale è necessaria una dotazione di strumenti quanto più ampia possibile. Un effetto positivo dello sviluppo tecnico è offerto però proprio dalla possibilità di accedere a strumenti formativi costantemente in sviluppo ed aggiornamento, rispetto ad una ampia tipologia di tematiche quanto più disparate e diversificate fra di loro, potenzialmente per ogni categoria interessata, in ogni parte del globo.
Alla luce del ruolo prioritario occupato dai formatori, è proprio su questi ultimi sui quali, attraverso successivi articoli, si andrà maggiormente ad approfondire il tema, tenendo sempre presente la duplicità insita in chi, pur dovendo formare, si trovi a sua volta a dover formarsi costantemente.