Problem solving: migliorare una soft skill fondamentale con la tecnica del F.A.R.E.

Cercando di osservare ed analizzare con uno sguardo d’insieme la vita delle centinaia di milioni di individui che quotidianamente operano sul pianeta Terra è possibile notare come, nel XXI...

Cercando di osservare ed analizzare con uno sguardo d’insieme la vita delle centinaia di milioni di individui che quotidianamente operano sul pianeta Terra è possibile notare come, nel XXI secolo, il raggiungimento dei propri obiettivi è sì possibile – e forse gradualmente più possibile grazie ai costanti miglioramenti della tecnica e delle scienze – ma che è altrettanto improbabile la garanzia di una linearità dal proprio punto di partenza al proprio punto di arrivo. Tracciare un netto e marcato segmento dalla condizione iniziale, o status quo, al fine cui si mira (parentesi di un altro volatile status quo) è una condizione che, per quanto aurea, non sempre trova applicazione in un mondo perturbato da una serie infinita di variabili in costante influenza tra di loro: è più probabile tracciare una linea zigzagante. Ciò non vuol dire che non si debba cercare costantemente, attraverso pianificazioni precise ed oculate, di adempiere alla linea retta ma che, lì dove ci si trovi a doversi rapportare a problemi, cambiamenti di programma e variabili non calcolati, la mano dell’uomo sappia disegnare una linea altrettanto funzionale, anche se costretta in ghirigori curvilinei ed improvvisi cambi di direzione.

Dalla metafora della mano dell’uomo volta a tracciare linee di congiungimento strumentali ai propri obiettivi è possibile partire per analizzare una delle più apprezzate e trasversali soft skill che si possa prendere in considerazione: il problem solving, ossia la capacità di risolvere i problemi. Il termine, variegatamente utilizzato in psicologia ed informatica, trova applicabilità in praticamente qualsiasi ambito di operatività dell’essere umano. Nel problem solving, il concetto con il quale si trova a rapportarsi l’agire umano è quello di problema: il verbo dal quale deriva il sostantivo in questione significa, tradotto dal greco antico, letteralmente “mettere davanti”. Il problema è pertanto quanto si metta dinanzi all’applicazione della volontà dell’uomo, intesa come protendere al raggiungimento di un obiettivo.

E’ fondamentale considerare la giusta sfumatura di significato rispetto al termine in questione, per comprendere con quale spirito il problem solving debba operare. Il problema può infatti essere considerato alla luce di un’accezione negativa, implicante l’idea di insuperabilità, insormontabilità dello stesso. Una simile visione, tanto nelle scienze manageriali quanto nelle dinamiche di apprendimento, deve lasciar posto ad una più distaccata ed imparziale visione del concetto di problema: esso diventa un fatto, ed in quanto tale analizzabile, capibile e superabile. La materializzazione del problema e di tutte le sue componenti diventa un primo passo fondamentale per lo sviluppo della capacità di problem solving, ed è un filo rosso di molte tecniche formalizzate in ambito educativo come sviluppo della skill in questione.

Fra le varie è interessante citarne a titolo esemplificativo quella che, nella sua essenzialità e capacità di sintesi, credo descriva in maniera più vivida l’iter ipotetico da seguire per sviluppare empiricamente una costante capacità risolutiva di problemi: la tecnica F.A.R.E.; attraverso quest’acronimo, già di per sé evocante un’idea di fattività e risoluzione, si indicano le quattro differenti fasi di un processo di problem solving: Focalizzare, Analizzare, Risolvere, Eseguire. La focalizzazione è la fase iniziale, precedentemente richiamata, nella quale ci si concentra sul problema (o sui problemi), identificandolo e descrivendolo accuratamente, al fine di avere una visione chiara e nitida rispetto a cosa ci si debba rapportare. La seconda fase, di analisi, si concretizza nel raccogliere i dati attinenti al problema, così come le cause alla base dello stesso, al fine di rapportarsi alla terza fase, ossia quella della risoluzione, dove si delineano tutte le ipotetiche soluzioni al problema in questione. Nel ventaglio di soluzioni potenziali si sceglie la più funzionale ed efficiente, che in linea teorica è quella che massimizza i benefici e minimizza i costi, e si formalizza la messa in atto della stessa. Essa avviene nella quarta ed ultima fase, quella dell’esecuzione del piano di risoluzione, che si conclude con il controllo del raggiungimento degli obiettivi preposti. Le varie fasi della tecnica F.A.R.E. sono concatenate le une alle altre come gli anelli d’una catena, e determinano un successo finale soltanto attraverso l’assenza di errori in ognuna di esse: basti pensare soltanto al caso in cui ci si focalizzi alla risoluzione della causa errata di un dato problema, con il potenziale riverbero di effetti negativi tali da inasprire ulteriormente il quadro già di partenza problematico.

L’assoluta funzionalità del problem solving si riscontra nel quotidiano per praticamente la totalità di imprese ed organizzazioni operanti nei più disparati settori, anche le più performanti e meglio gestite: la consapevolezza di ogni individuo, dal manager al lavoratore di front-line, dallo studente impegnato nell’affrontare la moltitudine di sfide della quotidianità al docente focalizzato nel trasmettere la miglior esperienza didattica possibile ai suoi alunni, deve essere incentrata non semplicemente sulla creazione di un sistema di impossibilità di realizzazione degli eventi avversi, ma sulla capacità risolutiva degli stessi. D’altronde, i pericoli e le avversità sono annessi all’atto dell’esplorazione, dell’esperire, della crescita. L’importante è essere dotati dei giusti strumenti per affrontarli lì dove si presentino, ed il problem solving è sicuramente uno di questi.

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Vincenzo Orsi

Laureato in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Basilicata, ed attualmente studente magistrale in Economia e Management presso la medesima università
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