In Italia non ci sono le competenze di base per sopravvivere nel mondo digitale, sia nella società che sul posto di lavoro
A sottolineare questo dato preoccupante è il rapporto “Skills Outlook 2019” con cui l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha fatto il punto sull’evoluzione delle competenze digitali nei diversi Paesi del mondo, valutando la misura in cui essi sono in grado di sfruttare al meglio la digitalizzazione.
Il report, considerando 3 dimensioni principali – competenze per la digitalizzazione, esposizione digitale e politiche relative alle competenze – registra l’Italia nella parte bassa della classifica, confinandola nel «gruppo con il ritardo digitale più consistente» insieme a Cile, Grecia, Lituania, Slovacchia e Turchia.
Un gap enorme rispetto alle altre realtà nazionali che non consente di sfruttare a pieno le enormi potenzialità di un mondo dominato dal digitale e dalle nuove tecnologie.
Ma per capire quali vantaggi reali comporti il padroneggiare le competenze digitali, occorre darne innanzitutto una definizione precisa.
Utilizzato inizialmente per riferirsi alla capacità di utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione, con la costante evoluzione del mondo digitale il termine ha acquisito un significato sempre più ampio e articolato. Oggi infatti con l’espressione “competenze digitali” si intende il vasto insieme di abilità tecnologiche che consentono di individuare, valutare, condividere e creare contenuti utilizzando le tecnologie informatiche e Internet. Quindi, dalle competenze di base nell’utilizzo del computer a quelle più specifiche ed evolute come lo sviluppo di sistemi software per l’intelligenza artificiale.
Appare di conseguenza chiaro quanto, nell’era delle nuove tecnologie, il tema delle competenze digitali assuma rilevanza ogni giorno di più, coinvolgendo tutti i settori del sapere e della conoscenza.
E tra questi non può naturalmente mancare la scuola, spazio di apprendimento e di confronto che svolge un ruolo fondamentale nella costruzione del futuro delle nuove generazioni. Ma innovazione all’interno del contesto scolastico non vuol dire soltanto promuovere l’utilizzo di strumenti tecnologici, ma significa soprattutto implementare un nuovo approccio allo studio, più interattivo e partecipato, che consenta a docenti e studenti di condividere lo stesso linguaggio.
Troppo spesso infatti la carenza di conoscenze in tema di didattica digitale da parte dei docenti fa sì che essi vengano meno all’essenziale ruolo di guida dei ragazzi verso un utilizzo delle nuove tecnologie che sia più consapevole, responsabile e funzionale ad un migliore apprendimento.
Riconoscendo l’essenzialità della digitalizzazione, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha emanato il Piano Nazionale Scuola Digitale, un documento di indirizzo finalizzato a promuovere il lancio di una strategia complessiva di innovazione della Scuola italiana e del suo sistema educativo nell’era digitale.
Entrato in vigore nel 2015, il PNSD risponde ai criteri del lifelong learning, ossia dell’apprendimento lungo tutto il corso della vita, e a quelli del lifewide learning, riguardanti l’apprendimento in tutti i contesti di vita, rendendo la Scuola un laboratorio di competenze per la vita, dove gli studenti hanno la reale opportunità di acquisire abilità specifiche da spendere nella società come individui, cittadini e professionisti.
Tra le azioni previste dal PNSD emerge l’istituzione, in ogni istituto, dell’animatore digitale, una figura chiave nel processo di innovazione scolastica.
Lavorando in team con il dirigente scolastico e con il Dsga del proprio istituto, l’animatore digitale ha essenzialmente tre compiti principali: stimolare la formazione interna alla scuola negli ambiti del PNSD attraverso l’organizzazione di laboratori formativi, coinvolgere la comunità scolastica nella realizzazione di una cultura digitale condivisa e creare soluzioni innovative, individuando soluzioni metodologiche e tecnologiche sostenibili da diffondere all’interno degli ambienti della scuola, come ad esempio un laboratorio di coding per tutti gli studenti.
E tra gli strumenti a disposizione degli animatori digitali un posto di primo piano è sicuramente occupato da G Suite for Education, la suite pensata da Google proprio per offrire agli istituti scolastici e ai docenti la possibilità di entrare nell’era del digitale, cambiando e migliorando il modo di fare scuola.
Attraverso una vasta gamma di servizi e app, G Suite for Education sostiene e motiva l’apprendimento attraverso le nuove tecnologie, permettendo di aumentare le opportunità di pensiero critico, comunicazione, creatività e collaborazione tra docenti e studenti e supportando, allo stesso tempo, gli obiettivi didattici definiti, in maniera affidabile e gratuita.
Per scoprire le opportunità offerte da G Suite for Education e confrontarsi sul tema delle competenze digitali vi aspettiamo dal 9 all’11 ottobre a Firenze, presso Fiera Didacta 2019, l’evento interamente dedicato al mondo della scuola che, per il terzo anno consecutivo, ha sede nella splendida cornice rinascimentale di Fortezza da Basso.
Ci vediamo al Padiglione Spadolini, Piano Attico, Stand 186… non mancate!
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