1987: l’Unione Europea non esiste ancora, il Muro di Berlino è ancora in piedi e la moneta unica rappresenta ancora un miraggio lontano. Ma gli studenti di tutta Europa sono liberi di frequentare l’università in un altro Paese, assaporando usi e costumi di una cultura differente dalla propria.
Per comprendere a pieno la tenacia e la lungimiranza che hanno portato a concretizzare il progetto occorre fare un passo indietro di quasi vent’anni, scorrendo la linea del tempo fino al 1958, anno in cui la giovane studentessa romana Sofia Corradi vede negarsi dal suo Ateneo il riconoscimento dei titoli ottenuti dopo un periodo di studi alla Columbia University di New York.
È proprio infatti da questa grande delusione che si deve partire per raccontare l’origine del Progetto Erasmus, il programma interculturale che ha regalato a milioni di giovani di tutta Europa l’opportunità di vivere un’esperienza di crescita in un Paese diverso dal proprio, a stretto contatto con un’altra cultura.
Classe 1934, Sofia Corradi impara sin da subito cosa vuol dire essere cittadini del mondo, grazie a due genitori cosmopoliti che le trasmettono un’incontenibile e irrefrenabile sete di sapere da colmare attraverso un’approfondita conoscenza del mondo.
L’occasione concreta di diventare cittadina del mondo si presenta nel 1957, quando Sofia, iscritta al 4° anno della facoltà di giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma, ha l’opportunità di trascorrere un anno di studio negli Stati Uniti, vincendo la prestigiosa Fulbright Scholarship, una borsa di studio per soggiorni di ricerca e specializzazione presso i più importanti atenei americani.
A New York segue un master in legislazione universitaria comparata della Columbia University, una delle università più autorevoli del mondo, ma soprattutto ha l’opportunità di fare esperienze di vita impensabili per una ragazza degli anni Cinquanta.
Alla fine dell’estate del 1958, Sofia torna a casa, ormai abituata a guardare il mondo con occhi diversi. Ma un’ingiustizia sta per abbattersi sulla sua vita.
“Lei se ne va a spasso per il mondo e noi dovremmo darle una laurea?” le ribatte uno zelante impiegato della segreteria universitaria alla sua richiesta di convalida degli esami fatti in America.
L’esperienza di vita si trasforma così in una delle umiliazioni peggiori della sua vita. Ma Sofia non si perde d’animo. Con orgoglio e determinazione supera i 3 esami che le mancano alla laurea e 8 mesi dopo consegue il titolo di “Dottore in giurisprudenza”.
Ben presto però si accorge che l’esperienza di un anno accademico all’estero non è stata vana. Inizia a ricevere offerte di lavoro da aziende e studi legali, ma sceglie di rimanere nell’ambito universitario per compiere una preziosa missione: fare in modo che tutti possano avere l’opportunità di fare un viaggio di studi all’estero come quello fatto da lei. Passano gli anni, ma il suo sogno è ancora nel cassetto.
Negli anni Settanta diventa professoressa di Scienze dell’Educazione, ma mentre l’Europa Unita è un concetto ancora lontano, Sofia continua a immaginare la libera circolazione degli studenti europei. Per anni stila progetti e raccoglie idee per cercare di creare una cultura favorevole in tema di mobilità studentesca da diffondere tra professori e rettori, ma si scontra soltanto con un muro invalicabile di burocrazia e pregiudizi difficile da abbattere.
Lotta per diciotto anni prima di vincere la sua battaglia, ma nel 1987 finalmente la sua idea diventa realtà. Nasce il Programma Erasmus, acronimo di “European Action for the Mobility of University Students” che, per una fortunata coincidenza, richiama il nome di quell’illustre filosofo olandese che, tra il Quattrocento e il Cinquecento, percorse la rotta delle principali città europee dell’epoca, animato da sete di sapere e di conoscenza… Erasmo, appunto.
Da quel lontano 1987 più di 5 milioni di studenti hanno viaggiato per le università europee, contribuendo alla formazione di un’Europa dei popoli. Come straordinario strumento di promozione della cittadinanza europea, l’Erasmus ha infatti avvicinato negli anni i giovani al concetto di Europa, inteso come spazio interculturale di condivisione e confronto.
Da allora, Sofia Corradi è conosciuta da tutti come “Mamma Erasmus”, un appellativo affettuoso che onora il suo impegno nella creazione di un modello interculturale di studio e di vita che è stimolo e motivazione per i curiosi cittadini dell’Europa del futuro.
Nel 2014 il Progetto Erasmus è stato esteso e rifinanziato come Erasmus Plus, il nuovo programma di mobilità transnazionale che ha ampliato i confini del progetto predecessore, coinvolgendo anche la dimensione lavorativa e imprenditoriale dei suoi partecipanti.
La dedizione con cui per anni “Mamma Erasmus” ha condotto la sua battaglia è stata premiata nel maggio del 2016, quando Sofia Corradi viene insignita del prestigioso premio “Carlo V”, un riconoscimento assegnato dalla “European Academy of the Yuste Foundation” che annovera tra i suoi vincitori Michail Gorbaciov, premio Nobel per la pace, e Simone Veil, prima donna a ricoprire la carica di Presidente del Parlamento Europeo. Qualche mese dopo, riceve dal Presidente della Repubblica l’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica.
“Un’arrabbiatura e un’umiliazione: ecco la genesi dell’Erasmus. Ho promesso a me stessa che nessun altro studente avrebbe dovuto subire un’offesa come quella che avevo patito io”. Una promessa ampiamente onorata.