Ne avete letti di libri sull’amore e…un momento! Questo incipit l’ho già usato altrove (i più curiosi possono leggerlo qui)
Ricominciamo: ne avete letti di articoli su come presentarsi a un appuntamento importante: l’abbigliamento (serio ma non serioso, elegante ma sbarazzino), il piglio, la decisione, la stretta di mano (ferma ma non tale da staccare il braccio all’interlocutore) e persino se pettinarsi con la riga a destra o a sinistra.
Vi siete portati avanti con l’appendice “Appuntamento importante all’estero” perché è quello che vi interessa in questo momento: siete a Londra, un apostrofo tra il presente e il futuro, I will, dove will è anche volontà.
Eppure! Eppure state viaggiando perplessi sul divanetto blu della metropolitana della Central Line e vi bastano 4 fermate per abituarvi alle particolarità e trasformare il tipo con i capelli blu da “fenomeno da circo” a “ordinary man”; sobbalzate pensierosi al ritmo dei binari e specchiandovi con finta indifferenza nel finestrino di fronte, provate a decifrare gli annunci della metro.
Già, perché Walthamstow, l’ultima fermata a est della Victoria Line, dagli altoparlanti sembra un suono indefinito, uno scioglilingua dispettoso, così come i titoli del giornale della metro
che cercate di decifrare senza perdere la calma, ammettendo però che le canzoni dei Beatles sono più semplici da tradurre.
“Ho imparato l’inglese con i Beatles” è stato il vostro fiore vanitoso per anni, quando rispondevate a un dubbio grammaticale andando indietro con la memoria nella discografia dei fab 4 di Liverpool.
“Uhm, dunque…yellow è giallo, come in Yellow Submarine”.
Ma il famoso sottomarino non vi aiuta a farvi strada tra l’oceano di passeggeri e dovete rifugiarvi nei sempre utili “Excuse me” – quando passate – e “I’m sorry” – quando pestate a passo di danza sbilenca tutto quello che vi trovate davanti.
“Mind the gap between the platform and the train” e dopo questo annuncio all’uscita del vagone della metro, riemergete sulle scale mobili fieri come una resurrezione e con l’Oyster Card – o l’abbonamento, se avete un’anima vintage- da timbrare all’uscita.
Fuori dalla stazione vi allungano il London Evening Standard che rifiutate sdegnati fin quando non realizzate che è gratis.
Là fuori i segnali stradali sono eleganti spaventapasseri con tante braccia: per ogni estremità una direzione, per ogni direzione una possibilità.
Uno sguardo alla cartina, cerchiate l’obiettivo ma poi al diavolo la prudenza: alzate il dito (quello che vi serviva per attirare l’attenzione di ragazze indifferenti negli anni pre-social) e fermate il primo gentiluomo che vi sembra uscito da un romanzo dell’800.
“Excuse me, Oxford Street?”
“Oh it’s straight down there but it’s quite a walk”.
Confondete “quite” con “quiet” e una “lunga camminata” diventa “una camminata tranquilla”.
Ringraziate con un inchino e vi allontanate speranzosi.
Dopo 6 chilometri sempre straight iniziate ad avere dei dubbi, non tanto sull’onestà del gentiluomo quanto sulla vostra capacità di distinguere suoni e accenti.
Al dubbio si accompagna la pioggia, come in ogni passeggiata londinese che si rispetti: romantica, delicata, dispettosa ma soprattutto intermittente.
Dunque aprite l’ombrello, chiudete l’ombrello, riaprite l’ombrello…buttate l’ombrello: lo avete acquistato per 2 Pound al Tesco sotto casa e (non) li vale tutti.
Un altro spaventapasseri-segnale vi fa venire voglia di un latte macchiato; lo vorreste “tiepido, senza schiuma e con poco caffè. Tiepido, non freddo” ma riuscite a dire soltanto “espresso, please” per la gioia del cameriere; intorno a voi ragazzi di tutto il mondo traducono amicizia in inglese.
Di nuovo in cammino circondati da un’orchestra di “I am sorry” – gli inglesi sono educati ma imperturbabili: che vi investano la nonna o vi pestino l’alluce, sentirete sempre il loro flautato e blando “sorry”.
Sudati e inzuppati arrivate a destinazione: provate il saluto in inglese prima di salire le scale ed eccovi sulla porta per un deciso e tenorile good morning.
“Accomodati pure” vi risponde l’impiegato. Italiano. E’ talmente abituato ai vari accenti che gli basta un “hello” per capire la nazionalità, la regione e persino il codice postale dell’interlocutore.
“La stanza è la numero 15, in fondo a destra. In bocca al lupo”.
Ma siamo a Londra per cui quello che vi serve è un semplice “good luck!”.
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