Ecco la seconda parte dell’articolo sulla grammatica valenziale. A questo link puoi leggere la prima parte
Nella “Grammatica Valenziale”, dunque, ogni verbo presenta, perché il significato di cui è portatore sia completo e compiuto, un certo numero di valenze. Esistono quindi verbi zero-valenti, mono-valenti, bi-valenti, tri-valenti, tetra-valenti (cioè a cui sono collegati, rispettivamente, zero argomenti, un argomento, due argomenti, tre argomenti, quattro argomenti). Per intenderci, consideriamo come esempi queste tre proposizioni:
_ “Gianni regala un cacciavite a Roberta”
_ “Bobby abbaia”
_ “Piove”
Nella prima frase, il verbo regalare risulta trivalente, in quanto, perché abbia significato compiuto, è necessario che stabilisca collegamenti con tre argomenti: quelli che, nell’analisi logica tradizionale, chiameremmo il soggetto (Gianni), il complemento oggetto (un cacciavite) e il complemento di termine (a Roberta).
Invece, nella frase “Bobby abbaia”, il verbo abbaiare risulta monovalente (è unicamente collegato al soggetto).
Infine, nella frase “Piove”, il verbo piovere è evidentemente zerovalente, così come altri verbi impersonali quali nevicare, tuonare, grandinare, lampeggiare.
A partire da questa struttura di base appena descritta, che si sviluppa a partire dal verbo – e che prende il nome di nucleo – è possibile individuare altri due livelli:
_ I circostanti: sono i sintagmi accessori (cioè non indispensabili), che arricchiscono o modificano il soggetto o il verbo o anche un altro circostante e che, nell’analisi logica tradizionale, prendono il nome di attributi, apposizioni o complementi;
_ Le espansioni: costituiscono il quadro delle informazioni di contesto, più libere nella collocazione nella frase, perché non collegate sintatticamente ad alcun elemento del nucleo né ai circostanti. Sono espansioni: gli avverbi e le espressioni di tempo, luogo, modo, circostanza, ma anche, a seconda dei casi, alcuni tradizionali complementi.
Un altro indiscutibile vantaggio della Grammatica Valenziale consiste nella possibilità di rappresentare graficamente la struttura della proposizione in maniera agevole ed efficace, attraverso quadri concentrici. Ad es.:
Ovviamente non è questa la sede per una trattazione dettagliata, ma ritengo che il modello, fin da un primo, generico sguardo d’insieme, possa risultare lineare e intuitivo per chiunque.
Questo nuovo approccio ha fatto riavviare una fase di sperimentazione nella scuola italiana, grazie allo spirito volontaristico di alcuni docenti di scuole di diverso grado e tipologia (dalla scuola primaria ai licei); ma la stragrande maggioranza delle classi utilizza ancora il metodo “classico”.
È evidente, dunque, che i tempi non sono maturi per poter esprimere un giudizio, ma, a detta degli insegnanti che l’hanno praticata, la Grammatica Valenziale risulta più gradita agli studenti e più motivante, rispetto all’analisi logica tradizionale. I risultati delle prove scritte e orali parrebbero coerenti rispetto alla considerazione appena riportata, con un generale miglioramento del rendimento.
Nel corso della mia breve esperienza di docente di lettere nelle scuole superiori, non ho ancora avuto occasione di verificare la bontà del modello, ma sono pronto ad approfondire ulteriormente l’argomento e a tentare di applicarlo non appena mi si presenti l’opportunità.
Ho l’impressione, però, che il metodo possa ridursi a una mera tecnica, se non si riapre il dibattito sulle grandi questioni dell’educazione linguistica e della didattica dell’italiano in genere, nonché sul ruolo della scuola e le motivazioni dei giovani all’apprendimento formale, in questa nostra società imprevedibile e inafferrabile.