Oggi sono a Londra, è venerdì. Domani assegnano gli Study Travel Star Awards, un premio importantissimo nel nostro business. Siamo nella cinquina finale. Domani sera ci sarà la cena di gala e la proclamazione del vincitore. Funziona come per l’Oscar, per ogni categoria ci sono 5 nominati e solo nella serata si saprà chi è il vincitore 2016. Oggi per l’occasione vado a scegliermi il vestito. E’ un piccolo modo per stemperare la tensione. Dopotutto è un premio mondiale. Noi siamo nella categoria “Work Experience Provider”. Nella nostra categoria sono nominate 3 organizzazioni del Canada, una inglese e noi. In questi giorni ho pensato a tutta la strada fatta per arrivare fino a qui. Un cammino bellissimo alimentato dai sogni. Ho pensato al mio amico e poi mio socio Francesco Di Bello, a quanto nelle difficoltà sono servite le nostre lunghe chiacchierate, quel nostro reciproco aiutarci come si fa tra amici. Ho pensato al nostro minuscolo ufficio che avevamo all’inizio, alla difficoltà di pagare l’affitto, alla gioia intensa dei primi successi, a tutte le giornate spese a costruire. Adesso siamo qui, 20 anni dopo a confrontarci con i migliori del mondo. Ed io sono qui, in rappresentanza delle 50 persone che fanno ETN ogni giorno, in Italia, Inghilterra, Spagna, Germania, Bulgaria. Tra le cose più difficili, quando si cresce, c’è la salvaguardia di uno spirito di gruppo, un DNA capace di permeare l’agire di tutti, di far sentire un senso di appartenenza. Penso che sia questo il nostro tratto peculiare, una organizzazione che ha una sua identità definita che attraversa i paesi e che incontri in ognuna delle 50 persone. Ciò fa di noi ciò che siamo, ciò ci ha consentito di arrivare sino a qui.
Nella mia piccola inquietudine c’è il senso di tutto questo percorso. Sono contento ma non appagato, c’è la gioia di aver fatto bene e l’orgoglio di essere diventati un punto di riferimento per centinaia di organizzazioni in tutta Europa.
Con Franco avevamo adottato una frase di Claudio Magris come nostro motto personale: “Coltiviamo l’utopia nel disincanto”. Ecco, senza prenderci troppo sul serio, pensando che per costruire belle storie non c’è bisogno di una faccia feroce. Basta crederci e sognare. Continueremo a farlo e se domani non vinciamo, vinceremo il prossimo anno. A competere ci abbiamo preso gusto.