La scuola va in azienda

Tante le opportunità per gli studenti degli Istituti Superiori che hanno voglia di realizzare interessanti esperienze formative in impresa (training on the job): Pon Scuola C5, Programma Erasmus+, azioni...

Tante le opportunità per gli studenti degli Istituti Superiori che hanno voglia di realizzare interessanti esperienze formative in impresa (training on the job): Pon Scuola C5, Programma Erasmus+, azioni realizzate con il FSE, alternanza scuola-lavoro.

Anche in Italia, dunque, grazie a queste e altre iniziative, si fa più intenso il dialogo tra il mondo del Lavoro e il mondo dell’Istruzione.

Prove tecniche di realizzazione di quel sistema duale (www.sistemaduale.lavoro.gov.it) che tanti vantaggi ha portato, ai giovani e al mondo del lavoro, in altre aree d’Europa.

Prima fra tutte la Germania, dove a Berlino e dintorni la disoccupazione giovanile (under 25) è sotto il 10%, ben distante dal drammatico 40% e oltre dei giovani a spasso in Italia. Di sicuro non si tratta soltanto del risultato del dialogo, ma certamente un sistema duale completamente compiuto rappresenta un punto di partenza estremamente interessante e pragmatico.

 

Seppur in ritardo, l’Italia sta mettendo in atto politiche e azioni per avvicinare la Scuola all’Impresa nella speranza di produrre effetti positivi per entrambi i versanti.

Dal punto di vista dei giovani, capire il prima possibile regole, linguaggi, ritmi delle aziende, contesti molto differenti dall’aula, non può che portare vantaggi in termini di acquisizione di consapevolezze, verifica e accrescimento delle competenze possedute, sperimentazione di percorsi professionali possibili.

 

Per il giovane c’è, inoltre, il vantaggio di stabilire una relazione formativa-professionale con un’impresa i cui esiti, non essendo predefiniti, potrebbero risultare anche molto interessanti.

 

Dal punto di vista aziendale, invece, avere giovani nella propria struttura comporta il vantaggio di verificare il potenziale degli studenti ospitati, di accedere a punti di vista inediti, senza quegli sterili atteggiamenti abitudinari di over confidence che a volte investono il clima aziendale.

Per l’azienda il tirocinante può tradursi anche in nuova linfa o energia.

Un esempio: la compagine sociale della nostra Organizzazione (ETN International) è composta attualmente da 10 soci. Ebbene, di questi 10 soci, escludendo i due soci fondatori, ben quattro hanno cominciato con un tirocinio e un altro socio ha cominciato con un contratto di apprendistato.

 

Le implicazioni di questo dialogo complesso sono molteplici. Elemento centrale del dialogo scuola-impresa è il tirocinio aziendale.

Lo svolgimento del tirocinio deve passare attraverso passaggi formali che giustificano e legittimano la presenza del tirocinante in Impresa (dalla Convenzione, al progetto formativo, alle assicurazioni), o che permettano la validazione delle competenze acquisite.

Altre questioni sono più propriamente sostanziali, a cominciare dalla necessità di dedicare al giovane uno spazio fisico di lavoro, consentirgli l’accesso alle attrezzature e risorse, pianificargli un piano di attività da svolgere, affiancargli un tutor.

I soggetti coinvolti sono diversi: l’Istituto di invio, lo studente, l’azienda ospitante, spesso una agenzia formativa che predispone l’intero processo e svolge una preziosa azione di monitoraggio e controllo.

 

Tante, perciò, le implicazioni e gli aspetti da considerare.

 

Una prima riflessione che vogliamo introdurre, e di cui qualcosa abbiamo già detto, riguarda il ruolo che ha l’impresa.

 

L’impresa, vista come ente che ospita il tirocinante, non è più soltanto il luogo dove si producono merci o si scambiano servizi, ma diventa lo spazio dove lo studente deve, attraverso lo svolgimento in affiancamento di specifiche attività, definire meglio una professionalità. L’impresa deve perciò, a prescindere dagli obiettivi aziendali più stretti, essere in grado di trasferire nozioni e competenze.

Non è questo un compito inedito. Prestigioso precedente le botteghe artigiane del Medioevo. Andare a bottega assumeva il significato di imparare un mestiere.

Certo, la dematerializzazione del lavoro, l’introduzione massiccia di processi produttivi differenti ha cambiato scala e scenario.

Portare la scuola in azienda può aiutare l’impresa a ragionare su se stessa, a riconsegnarle, tra gli altri, il compito di soggetto che educa e forma.

Per trasferire consapevolmente ad altri procedure o competenze bisogna conoscerle e saperle trasmettere.

Questo riflettere sulle proprie caratteristiche, questo sapersi raccontare, elementi necessari per ospitare e organizzare l’attività di un tirocinante, finisce con l’avere effetti positivi sull’impresa che ospita. L’impresa, infatti, rafforza consapevolezza, individua con più precisione aree di lavoro “ambigue” o poco tratteggiate, ha occasione per definire meglio procedure e, magari, obiettivi.

 

Ragionare su questi temi aiuta le organizzazioni del lavoro attuali a rivalutare la stessa formazione del personale interno che dovrebbe essere un compito importante da svolgere ma, spesso, sottovaluto e di cui si sminuisce valore e necessità.

 

A vederla con sguardo diverso, il tirocinante in azienda, pertanto, non è il collaboratore aggiuntivo a termine a costo zero, o peggio uno studente in sosta consentita, ma può assumere valori ben più elevati e importanti. All’impresa l’onere della scelta.

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